E’ quello che scrive il lupo filosofo nell’ultimo libro di Paola Mastrocola “E se covano i lupi”. Un’immagine che rimanda all’infanzia, a bambini con il naso schiacciato contro le vetrine appannate dei negozi, lo sguardo rapito da giochi desiderati e irraggiungibili. Un’infanzia che non esiste più. E che forse tornerà ad esistere se la crisi economica che ci attanaglia avrà effetti più dirompenti di quanto ci attendiamo e arriverà a cambiare modelli e stili di vita ormai ritenuti consolidati.
“…. nessuno in questo mondo sapeva più cos’era l’attesa – scrive Mastrocola – Tutto era immediatamente a portata di mano, bastava premere un tasto, accendere un computer, mandare un sms, prendere un aereo, cliccare su un sito. Se un giovane doveva fare una ricerca per la scuola non occorreva che studiasse sui libri, bastava che andasse su Internet e scaricasse i dati. Se desiderava una maglietta nuova, non doveva aspettare che fosse Natale o che se la meritasse dopo mesi di buona condotta, se la trovava il mattino dopo nel cassetto perché la mamma era corsa a comprargliela. I genitori non sopportavano più che i figli vivessero nel desiderio di qualcosa, volevano vederli felici e sorridenti subito. Così si dimenticarono di insegnar loro l’attesa”.
Sarà anche per questo che nelle nostre società opulente si fanno così pochi figli? Nove mesi di attesa per chi è abituato ad aver tutto e subito possono sembrare un’eternità. E poi i bambini hanno ritmi più lenti di quelli degli adulti: sarà per questo che oggi incontriamo spesso bambini “schizzati”? Ma sarà poi vero che anche per noi adulti è naturale avere ritmi così veloci?