Coliving, ovvero condividere non solo il luogo di lavoro ma anche un posto dove mangiare, dormire, divertirsi. All’estero esistono già, in Italia non ancora. Ma presto anche da noi il coliving potrebbe diventare realtà. StartupHome, che a Londra ne ha già aperti quattro, ha lanciato una call per scoprire in quale città italiana sarebbe meglio partire. Oggi è l’ultimo giorno per votare.
Coliving Milano, Roma o Cagliari?
Il fondatore di StartupHome, Stefano Tresca (nella foto, al centro), non si sbilancia.
“Non voglio anticipare l’esito della call“, dice, nella conversazione in collegamento Skype da Londra dove risiede. ” Ti dico solo che ci saranno delle sorprese. Per esempio mi ha colpito molto la risposta finora estremamente positiva di Cagliari, una città che inaspettatamente sta dimostrando di ospitare tante giovani energie positive“.
Cagliari vanta sicuramente una storia. E’ la città di Nicola Grauso, creatore del primo internet service provider di dimensioni nazionali (Video On Line) e di Renato Soru fondatore di Tiscali. Una storia che secondo alcuni sarebbe potuta finire meglio se invece di essere nata in Sardegna fosse nata in Lombardia, realtà dinamica perché più vicina ai Paesi europei più avanzati.
Coliving Milano dunque?
“Vedremo, rispetteremo il risultato del sondaggio“, promette Tresca. Intanto alcune startup cagliaritane stanno per volare a Londra a prendere contatti con l’acceleratore Level39, di cui è uno dei fondatori, oltre che mentor e rappresentante verso l’estero.
Coliving: non solo startup ma anche giovani professionisti
La realtà che Tresca vuole lanciare in Italia sarà una “casa” per startuppari ma anche per giovani professionisti come programmatori o videomakers.
La mission è quella di aggregare laddove la dispersione rischia di essere improduttiva (“le startup nascono dove ci sono altre startup“) e di creare un fertile scambio tra Italia e Uk.
Il business è garantito: non solo perché “si può tagliare su tutto, ma non sul cibo e sul sonno“, ma anche perché gli investitori, anche quelli più tradizionali che sono riluttanti a investire in startup, sono invece molto interessati a investire nell’immobiliare.
All’Italia manca la dimensione internazionale
Originario de L’Aquila, Stefano Tresca, classe 1973, nasce come programmatore ma poi si laurea in Legge alla Luiss. Trasferitosi a Londra nel 2012 è speaker alle Olimpiadi delle startup, evento durante il quale gli viene proposto di contribuire a fondare l’acceleratore Level39.
Da allora Londra è diventata la sua patria.
“Mi piace, per me è la città migliore in cui vivere. Qui nel 2010 il fenomeno startup è letteralmente esploso, grazie agli accordi tra il governo e Google“.
Da allora però molta acqua è passata sotto i ponti…
La Brexit, per esempio, le cui conseguenze però non sembrano preoccuparlo, almeno per ora.
“Vedremo che cosa succederà. Non è detto che sarà una hard Brexit. Certo la popolarità della May è in calo“.
In Italia non torna volentieri, troppo provinciale forse per chi è abituato a una dimensione internazionale.
“L’Italia ha delle potenzialità, ma è un Paese troppo chiuso in se stesso. Agli eventi internazionali si incontrano pochi italiani e quei pochi sono presenti a titolo personale, non in rappresentanza del loro Paese. Sicuramente un problema è costituito dalla scarsa conoscenza della lingua inglese. Ma ci penalizza anche un carattere troppo orgoglioso, mentre invece bisogna accettare di dover imparare dagli altri“.