Dato per scontato il “che cosa”, l’obiettivo ambizioso del Digital Summit 2013 (http://www.theinnovationgroup.it/archivio-eventi/digital-government-2013/) svoltosi martedì e mercoledì a Roma era quello di capire quali sono gli ostacoli che impediscono al progetto di avere gambe e non solo testa.
Il pubblico del Digital Government Summit. Nelle due giornate i partecipanti sono stati oltre 800 |
Una cosa è certa: non sono le tecnologie a mancare. Lo ha detto Simone Battiferri di Telecom, affermando che di tecnologia in Italia “ce n’è in eccesso“.
E lo ha ribadito il viceministro dello Sviluppo Antonio Catricalà, dando anche una notizia: il governo ritiene che lo scorporo della rete Telecom vada fatto, creando una società che abbia al suo interno un “portatore di interessi pubblici“.
Assodato che le tecnologie non mancano, quali sono allora i problemi?
“L’offerta di contenuti e servizi attrattivi per le famiglie è scarsa“, ha sostenuto Battiferri, secondo cui questa carenza sarebbe all’origine dell’alto numero di persone che in Italia ancora non sono connesse a Internet.
Quello del “digital divide” in effetti è un problema enorme nel nostro Paese. Secondo i dati Istat il 43% degli italiani non utilizza Internet perché non ne comprende l’utilità o perché non ne possiede le capacità.
Ma il problema non è solo delle famiglie.
Del resto lo ha detto chiaramente Francesco Caio, che lo scorso mese di giugno ha ricevuto da Letta la delega per l’attuazione dell’Agenda Digitale: “Ho notato un interesse crescente per questi temi da parte del presidente Letta solo a seguito del recente Consiglio europeo, prima no“.
Diversi relatori hanno sottolineato che mancano norme di riferimento, procedure valide per tutti.
“Barcellona – ha esemplificato l’amministratore delegato di Cisco, Agostino Santoni – è una smart community perché ha creato un protocollo di città intelligente, cioè ha stabilito delle regole a cui aziende e istituzioni si sono uniformate“.
Da sinistra: P.Panontin ( Friuli V.G)., M. Lepore (Bologna), M. Filippeschi (Pisa), C. Mochi Sismondi, A. Peri (Emilia R.), S. Targetti (Toscana) |
Se da parte dei rappresentanti delle Regioni Toscana ed Emilia Romagna è venuta una pressante richiesta per un intervento dell’autorità centrale, in tutt’altra direzione è andato l’intervento del Presidente della Commissione Innovazione dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani).
Matteo Lepore, che ricopre anche l’incarico di assessore a Bologna, ha rivendicato con orgoglio per i Comuni il ruolo di “laboratori di innovazione“.
E a questo proposito un’idea molto interessante è quella esposta dal sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, per un Piano Regolatore Digitale che vada ad analizzare domanda e offerta sul territorio attraverso una mappatura delle infrastrutture e dei servizi al cittadino.
Sempre Filippeschi ha però sottolineato come un ostacolo all’innovazione venga dall’impossibilità per i Comuni di assumere personale, mentre altri hanno posto l’accento su tempi e costi.
“A New York hanno costruito un Data Center di 80 piani. In Italia vogliamo costruire almeno un piano?“, – ha domandato in tono polemico Agostino Ragosa dell’Agid (Agenzia per l’Italia Digitale).
Infine, dimentichiamoci la “bufala del costo zero“, come è stata definita dal presidente del Forum PA, Carlo Mochi Sismondi. Il quale non ha avuto remore nell’affermare che “il disegno di legge del ministro Del Rio deve essere accompagnato da investimenti, se no è aria fritta“.