…..”Sono riusciti ad ottenere solo ieri che quelli della protezione civile non potessero piombargli nelle tende all’improvviso, anche nel cuore della notte, per CONTROLLARE. Gli anziani stanno impazzendo. Hanno vietato internet nelle tendopoli perché dicono che non gli serve. Gli hanno vietato persino di distribuire volantini nei campi, con la scusa che nel testo di quello che avevano scritto c’era la parola “cazzeggio”. A venti chilometri dall’Aquila il tom tom è oscurato. La città è completamente militarizzata. Sono schiacciati da tutto, nelle tendopoli ogni giorno dilagano episodi di follia e di violenza inauditi, ieri hanno accoltellato uno. Nel frattempo tutte le zone e i boschi sopra la città sono sempre più gremiti di militari, che controllano ogni albero e ogni roccia in previsione del G8“…..
Ho ripreso questo brano da una lettera che l’attore Andrea Gattinoni ha fatto girare in internet dopo aver partecipato a una serata di presentazione del film “Si può fare” in una tendopoli a L’Aquila. Tutta la lettera, che si può leggere integralmente su blogosfere.it, è un pugno nello stomaco e fa venir voglia di andare di persona a vedere quello che sta succedendo, se solo questo fosse possibile. Sì, perché se anche la descrizione di Gattinoni fosse un po’ esagerata, come qualche giornalista sostiene senza tuttavia avere il coraggio di esporsi con il proprio nome , è un dato di fatto che i mezzi di comunicazione ormai da tempo non ci dicono più quello che veramente sta succedendo in Abruzzo dopo il terremoto.
Ma esiste ancora in Italia qualcosa che si chiama informazione? Se dobbiamo sperare che qualcuno capiti lì perché uno psichiatra basagliano organizza una serata di intrattenimento per i terremotati e che quel qualcuno per sua personale sensibilità decida di scrivere e mettere in rete quello che ha visto e sentito, la risposta alla domanda di cui sopra è NO! E che cosa accadrà quando verrà definitivamente approvato in Parlamento il cosiddetto Decreto Sicurezza che punisce con il carcere i blogger che vengano considerati colpevoli di diffamazione? Che cosa ci resterà allora? Dovremo anche noi gridare sui tetti come oggi gli oppositori al regime iraniano di Ahamadinejad?