Italia Startup non crede che in Italia serva un unico hub per le neo-imprese innovative. Se pensi alla Germania ti viene in mente Berlino, Londra in Gran Bretagna, Parigi nella vicina Francia. E in Italia? Gli amanti dei derby discutono se la palma debba andare a Milano oppure a Roma. E Bologna? E Napoli? Anche Trento però… Se si guardano i numeri nudi e crudi la partita la vince la Lombardia con il suo capoluogo (1.597 neo-imprese innovative, di cui la maggior parte localizzate sotto la Madonnina). Ma per Marco Bicocchi Pichi (nella foto), presidente di Italia Startup, l’associazione no profit che sostiene e dà voce alle startup italiane, “non abbiamo la necessità di un unico hub, la nostra tradizione è caratterizzata dall’essere una realtà multipolare e tale deve rimanere“.
Il modello è l‘Olivetti, che nel corso della conversazione Marco Bicocchi Pichi cita più volte. Da una città di provincia, quale è Ivrea, l’Olivetti seppe diventare leader mondiale nella tecnologia elettronica anche grazie alla collaborazione con l’Università di Pisa dove nel 1955 venne sviluppato il progetto di un calcolatore elettronico per applicazioni tecnico-scientifiche.
“In Italia abbiamo questa caratteristica, di produrre eccellenze di provincia: penso alla Brembo a Bergamo o a Technogym in quel di Cesena. Non è importante il luogo geografico, ma piuttosto l’esistenza di imprese che con la loro leadership sappiano creare sviluppo sul proprio territorio di riferimento. Del resto non è poi così vero che Berlino è l’unico hub in Germania, ci sono altri poli importanti come Francoforte e Stoccarda; in Gran Bretagna non c’è solo Londra, ma anche Oxford e Cambridge“.
Il problema è che questo legame con il territorio, inteso non solo come ambito locale ma anche come nazione, non è affatto scontato.
“Sarebbe stato meglio se Vislab fosse stata acquistata da Fca piuttosto che dall’americana Ambarella. Lo stesso vale per OSvehicol, che ha realizzato il primo veicolo in partnership con Renault. Un esempio virtuoso è invece quello della collaborazione di Technogym con H-Farm e qualcosa di positivo sta nascendo anche nel distretto dello SportSystem a Montebelluna“.
Brembo e Tecnogym sono indicati dal presidente di Italia Startup come esempi virtuosi, ma purtroppo non hanno avuto molto seguito. Perché? Dove nascono le difficoltà maggiori?
“Il problema è culturale, bisogna guardare al passato, agli Olivetti ma anche ai Marzotto. Per il Meridione consiglio di rileggere Filangieri. L’impresa come fattore di stimolo culturale… Con la nostra qualità della vita e le nostre bellezze naturali e artistiche potremmo essere più attrattivi degli altri. Semmai la nostra arretratezza è tecnologica, penso per esempio alla ancora troppo scarsa diffusione della banda larga“.
Guardare al passato, ma essere proiettati anche verso il futuro, quindi…
“Sì, molti imprenditori non hanno ancora capito per esempio l’importanza della comunicazione, il prodotto fisico non è tutto. E fare comunicazione oggi non significa più fare pubblicità del prodotto sulle riviste patinate, c’è un valore legato ai dati e alla loro trasformazione che sta diventando sempre più decisivo e preponderante“.
Una carente cultura digitale delle imprese tradizionali, che genera diffidenza nei confronti del mondo delle startup.
“Il mondo delle startup forse deve imparare a spiegarsi meglio, ma il mondo industriale deve fare uno sforzo maggiore per capirlo. Certo non aiutano fenomeni come quello di Egomnia, con una sproporzione assoluta tra attenzione ed esposizione mediatica rispetto alla sostanza. Ricordano fenomeni analoghi, penso a Freedomland, che hanno caratterizzato la prima bolla di internet e che ho il timore oggi possano ripetersi “.
Il 2017 per le startup sembra, nonostante tutto, che si sia avviato in modo abbastanza positivo. Gli investimenti nel primo trimestre sono raddoppiati rispetto allo stesso trimestre del 2016.
“Il 2017 è l’anno della grande speranza. In Italia ci sono misure strutturali migliori rispetto a qualche anno fa e inoltre stanno entrando in vigore provvedimenti, come quelli relativi all’Industria 4.0 che aprono grandi prospettive. Non posso nascondere però la preoccupazione per una serie di eventi internazionali, l’esito delle elezioni politiche in Francia e Germania, ma anche le possibili conseguenze della Brexit e delle politiche protezionistiche di Trump negli Stati Uniti. Tutto questo genera un clima di incertezza, che non è certo favorevole alla causa. Voglio però lanciare un messaggio positivo: chi ha grandi liquidità da investire lo faccia ora: i momenti di crisi sono momenti anche di grandi opportunità“.