Di cose che mi piacciono ce ne sono tante, ma sono molte anche quelle che detesto. Per esempio non sopporto i furbetti (che siano del quartierino, dell’intervistina o di chissacché non cambia, sempre furbetti sono), i leccapiedi (oggi si citerebbe un’altra parte anatomica, ma il concetto non cambia), i carrieristi attaccati alla poltrona con il Vinavil e pure con l’Attack così sono più sicuri di non scollarsi mai, quelli che ragionano per stereotipi (“le donne non sono adatte a governare perché sono preda dei loro instabili ormoni”…. già perché gli uomini invece!?!).
Eppure Facebook vuole che io dica sempre “Mi piace”, anche quando non mi piace affatto.
Certo, il motivo lo conoscono anche i bambini ormai. Sulla base dei “Mi piace” il popolare social network trasforma gli utenti in consumatori, appioppando a seconda dei gusti espressi pubblicità di partiti politici o di unghie rifatte, il tutto mescolato in un potpourrie che dovrebbe rispecchiare la nostra essenza più profonda e quella più frivola allo stesso tempo.
Niente di scandaloso, certo. La pubblicità fa parte ormai della nostra vita e quella su Facebook non è certo la più invadente, anzi.
Però vorrei poter esprimere anche dei “no”, non soltanto dei “sì”, soprattutto quando queste affermazioni positive mascherano in realtà proposizioni negative che più negative non si può.
Attendo un nuovo Zuckerberg che mi/ci dia anche questa opportunità.
Qualcosa mi dice che questo qualcuno sarà europeo, non americano.
Però magari mi sbaglio.

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