Oltre 2.000 partecipanti al Convegno dell’Aie.

Da Cenerentola della cultura a protagonista: la voglia di riscatto della biblioteca pubblica passa attraverso le nuove tecnologie ed è stata ben visibile nel Convegno (“La Biblioteca connessa: come cambiano le strategie di servizio al tempo dei social network”) svoltosi giovedì 13 e venerdì 14 marzo a Milano presso la Fondazione Stelline. Organizzato da Regione, Provincia e Comune in collaborazione con l’Associazione Italiana Biblioteche, ha visto la partecipazione di oltre 2.000 persone.

Il pubblico del convegno alle Stelline

Un successo inaspettato, giustificato anche dall’elevata qualità degli interventi.

Come quello di Giuseppe Riva, psicologo della comunicazione e docente presso l’Università Cattolica, che ha evidenziato come la biblioteca pubblica non possa più ignorare il ruolo dei social network.
Il 42% degli italiani è su Facebook – ha ricordato Riva – E sono convinto che non si tratti di una moda passeggera perché i social rispondono a due bisogni fondamentali della persona: stabilire relazioni e organizzare la conoscenza“.
Altro che gioco per adolescenti annoiati!
Rifacendosi alla piramide di Maslow, Riva ha enumerato tutti i bisogni a cui Facebook, Twitter, Google +, Instagram, solo per citare i più conosciuti, rispondono: bisogno di sicurezza attraverso il collegamento con gli amici, bisogni associativi con lo scambio di informazioni e opinioni, bisogno di stima perché più amici o follower ho e più acquisisco importanza sociale, di autorealizzazione perché posso esprimermi e mettere a disposizione le mie competenze.

Ma per un servizio pubblico i social network servono anche a rendere visibili in modo chiaro chi sono gli utenti e, fornendo i giusti stimoli, a creare interazione con loro.
Insomma, se fino a qualche anno fa lavorare in una biblioteca significava soprattutto aver a che fare con i libri, oggi e domani sempre più significherà “lavorare con le persone“.

La biblioteca di Colonia: un modello a cui ispirarsi

L’affermazione è di Hannelore Vogt a cui è toccato l’onore di presentare al pubblico la straordinaria realtà della biblioteca pubblica di Colonia. Méta turistica, oltre che centro di vita culturale e associativa, esperienza- pilota in quanto “luogo di apprendimento anche informale”, dove i libri non spariscono completamente ma coesistono in modo pacifico e complementare con gli e-book, dove gli spazi liberati vengono dedicati ad aree-gioco per bambini, aree-relax, caffé letterario, “markerspace” dove comporre musica e creare video o digitalizzare contenuti, dove i giovani insegnano agli anziani a usare le tecnologie. Un modello a cui guardare, nell’attesa che anche in Italia la cultura torni ad avere il ruolo centrale che merita, non solo cibo per lo spirito ma anche volano per il turismo e l’economia.

Da sinistra C. Bambini e T. Wakefield , H. Vogt , C. Martino (coordinatore) e D. Mapelli (Vimercatese)

Anche in Italia non mancano esempi di eccellenza

Non tutto fortunatamente è fermo nel nostro Paese, dove persone di vivace intelligenza e buona volontà continuano nonostante tutto a rimboccarsi le maniche per un cambiamento fatto di piccoli passi e soprattutto dal basso.

Così a Pistoia c’è la biblioteca “geolocalizzata” San Giorgio, che attraverso l’utilizzo di Foursquare si apre al territorio e cerca di capire chi sono i suoi utenti, anche quelli che non passano mai dal banco e con cui non c’è interazione verbale; nel Vimercatese (prov. di Monza e Brianza) c’è un sistema bibliotecario che utilizza i social network (Facebook, Twitter, Flickr e Pinterest) per rendere sempre più protagonisti i suoi frequentatori; nel Cuneese si punta invece su bambini e ragazzi facendoli diventare autori di booktrailer che poi vengono postati su un blog appositamente dedicato.
Il percorso è tutt’altro che facile. C’è ancora chi teme che in questo modo la biblioteca diventi solo spazio di aggregazione, allontanandosi dal suo core-business, ovvero “dare libri in prestito” e “aiutare i cittadini a svolgere il proprio ruolo nella società attraverso la conoscenza“, come ha sostenuto Riccardo Ridi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Ma la biblioteca di Colonia è lì a testimoniarci che non bisogna avere paura del nuovo, perché nuovo e antico possono coesistere e arricchirsi a vicenda. Grazie Hannelore!

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