E’ una bella storia quella di due giovani ingegneri bresciani che hanno come “mission” monitorare e contrastare gli effetti devastanti dei terremoti. Al loro attivo diversi brevetti e altrettanti riconoscimenti.
Mauro Torquati, 31 anni, e Cristian Fracassi, 33, entrambi laureati in Ingegneria Edile e Architettura si sono conosciuti nei corridoi dell’università mentre erano in attesa di essere ricevuti da una docente. Da quell’incontro casuale sono nate un’amicizia e una collaborazione che stanno dando ottimi frutti.
Sysmo, la “scatola nera” da applicare agli edifici dotata di sensori che tracciano e rilevano in tempo reale le lesioni determinate dalle scosse, è nata dall’esperienza di Mauro durante il terremoto che ha sconvolto l’Emilia nel 2012. Dopo la laurea, Mauro ha fatto un dottorato in Recupero degli edifici storici specializzandosi in Valutazione sismica degli edifici.
“Sono andato in Emilia inviato da ReLUIS, la Rete Laboratori Universitari Italiani, per valutare le case terremotate e mi sono reso conto che la valutazione veniva fatta su basi soggettive, tracciando delle semplici crocette su schede cartacee predisposte allo scopo. Io ero molto giovane e dovevo assumermi, con una valutazione solamente visiva, la responsabilità di dire se una casa poteva essere abitabile o no. Ho pensato che bisognava trovare qualche strumento per rendere la valutazione più oggettiva e così ho immaginato questo strumento di rilevazione. Cristian poi mi ha aiutato a sviluppare l’idea, che è stata realizzata e brevettata anche grazie a un finanziamento di 50.000 euro della Regione Lombardia e alla collaborazione con l’università per la realizzazione dei test in laboratorio“.
Sysmo non si limita a rilevare i danni ma li elabora attraverso un algoritmo e li trasmette in connettività wireless a una centrale. Un vantaggio collaterale, ma niente affatto trascurabile, è che in questo modo verrebbero eliminate le montagne di carta (le famose schede da compilare a crocette) i cui dati vanno poi copiati e inseriti online con dispendio di tempo e di energie.
Quale lo sviluppo futuro del progetto?
“Siamo in contatto con alcune aziende del Bresciano del settore elettronico per vedere se è possibile una collaborazione. Dobbiamo migliorare l’algoritmo e fare altri test: finora abbiamo testato i singoli componenti, ma occorrono altre verifiche, per esempio quelle su tavola vibrante“.
Brix System è un sistema pensato per una ricostruzione veloce e semplice degli edifici distrutti dai terremoti. L’idea è venuta a Cristian Fracassi dopo il sisma che ha distrutto L’Aquila nel 2009. Dottorato in Ingegneria dei materiali e master in Economia, Cristian è anche socio di Isinnova, un incubatore per startup innovative fondato insieme a un imprenditore di Brescia e a uno di Parma. Al progetto collabora anche l’inseparabile Mauro Torquati.
“Dopo il terremoto dell’Aquila ho visto che tanta gente avrebbe voluto costruirsi la casa in proprio e così ho inventato un mattone in materiale plastico, ovvero un polimero caricato con fibra di vetro, simile a quello con cui si fanno gli scafi delle barche e le carene degli elicotteri. Si tratta di un materiale molto leggero e maneggevole e i mattoni vengono assemblati tra di loro grazie a una piastra metallica fissata con bulloni: non servono betoniere né mezzi di sollevamento e rispetto ad altre costruzioni antisismiche sul mercato hanno anche il vantaggio di poter essere impiegati non solo per costruire le pareti ma anche i solai. Inoltre ogni mattone è già predisposto per il passaggio degli impianti, sia elettrico che idraulico“.
Il progetto è titolare di 5 brevetti, che tutelano diversi utilizzi e metodi di assemblaggio, oltre che differenti materiali.
“Siamo partiti dalla plastica ma poi ci siamo resi conto che si potrebbero utilizzare anche altri materiali, come per esempio il legno o l’alluminio. Il legno, tra l’altro, è sicuramente un materiale più economico. La prima dimostrazione, che abbiamo fatto ai primi di ottobre al festival Supernova, è stata di una casetta di 35 metri quadri in legno che siamo riusciti a costruire in sole sei ore. La casetta è piaciuta molto e diventerà una biblioteca temporanea per lo scambio di libri, quello che solitamente viene chiamato book crossing“.
Ma i due amici guardano avanti e stanno pensando di realizzare diverse tipologie abitative da donare alle zone dell’Italia centrale colpite dal più recente terremoto. Loro ci metterebbero gratuitamente il lavoro di progettazione, altri – banche o associazioni non profit – potrebbero finanziare l’acquisto delle materie prime e il costo della manodopera.
“Il nostro sogno è quello di entrare in contatto con un’azienda come IKEA, che sull’abitare ha una filosofia abbastanza simile alla nostra. Noi vogliamo restare nel mondo delle idee, cerchiamo un’azienda che ci supporti per la produzione e che abbia già un mercato“.
Se qualcuno (astenersi perditempo, please) può aiutarli a contattare l’azienda svedese, si faccia avanti!