Creare una startup di successo: i consigli di uno che ci ha già provato.
L’impresa per cui ha lavorato negli ultimi tre anni e di cui era Cto (Chief Technology Officer) ha chiuso i battenti. Il post con cui la notizia è stata data e che si intitola Qui giace Appeatit, ma non la nostra passione ha fatto scalpore perché non è da tutti rendere noti i propri fallimenti.
Ma Federico Biccheddu, che l’ha fondata insieme ad altri tre giovani sardi – Damiano Congedo, Marco Clemenza e Matteo Vacca – è già pronto a ripartire per un’altra “avventura”, forte del bagaglio di esperienza che ha accumulato.
A lui abbiamo chiesto alcuni consigli soprattutto sugli errori da evitare per chi vuole cimentarsi nel creare una nuova impresa e avere successo.
Primo errore: partire troppo in grande.
“L’errore fondamentale è stato quello di geolocalizzare l’app su una realtà vasta come la città di Roma, anziché partire da una realtà più circoscritta come per esempio Cagliari. Partire leggeri è il consiglio che a posteriori mi sento di dare ai giovani che si mettono alla prova fondando una startup. Questo significa validare la propria idea su scala ridotta per poi pensare a un ampliamento a più vasto raggio in un momento successivo“.
In termini tecnici si chiama Mpv che sta per Minimum Viable Product, ovvero il minimo stadio di sviluppo per cui un prodotto può essere testato e introdotto sul mercato.
Secondo errore: sottovalutare i costi dell’impresa.
L’idea di creare un’app per consentire a chi lavora di ordinare il pasto al ristorante risparmiando tempo durante la pausa-pranzo e creando contemporaneamente un maggior turn over di clienti per i ristoratori è venuta a Damiano e Marco che poi hanno formato il team contattando Matteo e Federico. L’idea è piaciuta ed è stata quindi finanziata da LVenture Group. Altre risorse sono arrivate da Sardegna Ricerche e da Poste Italiane. Quest’ultima azienda ha contribuito per il 50% alla campagna di crowdfunding lanciata su Eppela che ha raggiunto il target stabilito ma non è stata sufficiente a evitare la chiusura.
“Le spese da sostenere per creare un’impresa sono davvero consistenti e il problema economico è stato un ostacolo importante. Dedicavamo la maggior parte del nostro tempo alla startup e quindi nessuno di noi aveva un lavoro con uno stipendio fisso. Durante il programma di accelerazione con LUISS EnLabs, che per noi è stato fondamentale perché abbiamo avuto la possibilità di imparare molto su come si costruisce un’impresa e inoltre ci ha fornito una serie di contatti importanti, risiedevamo a Roma e avevamo quindi anche i costi che comporta il vivere fuori casa. Anche se devo dire che i sacrifici non ci pesavano, era straordinario vivere in un mondo in cui le persone lavorano non solo per fare soldi ma perché vogliono contribuire con le loro idee a risolvere i problemi della gente e dove ci si aiuta perché si hanno gli stessi obiettivi”.
Terzo errore: creare un team incompleto.
Un’altra difficoltà è stata quella di reperire le persone con le competenze necessarie a completare il team soprattutto dal punto di vista tecnico. Federico era l’unico componente a occuparsi della parte relativa allo sviluppo, mentre Damiano svolgeva il ruolo di amministratore delegato, Marco si occupava della comunicazione e Matteo della user experience (nella foto i fondatori di Appeatit).
L’idea era quella di realizzare una soluzione completa per i ristoranti simile alla statunitense GoPago. L’app, ancora in fase beta, consentiva agli utenti di ordinare il pranzo al ristorante ma non era completa per la parte riguardante la gestione degli ordini da parte dei ristoratori.
Così, nonostante gli sforzi profusi, i fondatori di Appeatit si sono resi conto di quanto fossero lontani dal traguardo fissato per la metà del 2015 e hanno deciso di sciogliere la società. Una decisione ragionata e consapevole ma non per questo meno dolorosa perché “tre anni non sono pochi e un po’ ti ci affezioni”.
Quarto errore: “innamorarsi del progetto”.
L’entusiasmo quando ci si lancia in una nuova impresa è un sentimento comprensibile e in una certa misura anche positivo, perché ti dà la spinta necessaria ad andare avanti e a superare le inevitabili difficoltà. Ma Federico sottolinea quanto sia sbagliato “innamorarsi del progetto”.
Paragona questo sentimento a quello che si può provare per un’altra persona ma dice che se si vuole creare un’impresa questo è un errore
“perché si rischia di non guardare il progetto con il distacco necessario e di non essere obiettivi. E poi l’approccio deve essere sempre elastico, non bisogna focalizzarsi troppo sulle proprie idee”.
Quinto errore: chiudersi in ufficio.
Prima di salutarci Federico vuole lasciare un ultimo consiglio su come creare una startup di successo:
“E’ sbagliato restare troppo chiusi in ufficio. Bisogna uscire, avere il più possibile contatti diretti con il proprio mercato di riferimento e con i potenziali utenti o clienti”.
Ora il team di Appeatit si è sciolto. Ma i rapporti personali restano e non è detto che il gruppo non possa riformarsi per dare vita a un’altra impresa. Magari proprio in Sardegna, invece che nella capitale.
In bocca al lupo, ragazzi!