Innovazione sociale: un convegno della cooperativa Aeris.
Sempre più spesso si sente parlare di innovazione sociale. Ma il sociale è pronto per l’innovazione?
Assistendo al convegno “Tecnologie digitali per l’innovazione sociale”, organizzato ieri dalla cooperativa Aeris di Vimercate (MB) presso il The Space Cinema Torri Bianche, il rapporto tra le due realtà appare ancora difficile e complesso.
Sicuramente emerge la consapevolezza che questi strumenti sono utili e che bisogna cominciare a farci i conti. Per esempio perché, come ha sottolineato Claudia Sala, Direttrice di Offertasociale, possono aiutare a conoscere i bisogni dell’utenza e non solo quelli che già emergono dalla raccolta dati dei servizi sociali ma soprattutto quelli sommersi. Come? Attraverso piattaforme che permettano di rilevare le risposte che spontaneamente le persone danno ai propri bisogni, utilizzabili anche per raccogliere idee per la progettazione o per finanziare progetti attraverso il crowdfunding.
Le tecnologie possono anche essere strumento di co-progettazione fra scuola a Terzo Settore, come hanno sottolineato Lucia Cerizza, dirigente dell’istituto Comprensivo di Cornate d’Adda e Giacomo Garghentini, psicologo ed educatore Aeris esperto in Media Education.
Oppure possono costituire un valido supporto nella programmazione sociale degli uffici di Piano, come ha illustrato Laura Puddu, direttrice ASC Insieme per il sociale di Cusano Milanino.
O ancora possono servire a realizzare progetti sperimentali per la pedagogia dell’infanzia: come nel caso di GIO.CO.SO, realizzato dalla SixS (Soluzioni Informatiche per il Sociale) e illustrato da Sebastiano Schiavi, ingegnere informatico ed ex educatore.
L’intervento di Flaviano Zandonai ha sferzato la platea.
A dare una sferzata alla platea è stato però l’intervento di Flaviano Zandonai (nella foto), ricercatore Euricse e segretario di Iris Network.
“Nel sociale il ritardo è clamoroso – ha affermato – Rispetto ad altri settori siamo in ritardo di almeno cinque anni. Quanti di voi hanno realizzato un FabLab? Quanti un coworking? E non mi risulta neppure che ci siano casi significativi di open data. Dobbiamo investire le poche risorse a disposizione nelle tecnologie, ma per investire bisogna essere imprenditori e saper accettare i rischi che ne conseguono”.
Secondo Zandonai non occorre inventare nuovi strumenti, ma trovare “nuove funzioni d’uso” a quelli già sul mercato. E ha fatto l’esempio dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) che utilizza la Nintendo Wii per fare riabilitazione.
E poi, ha affermato il ricercatore, bisogna collaborare con le Università, con chi all’interno degli atenei sta facendo ricerca o contribuisce a ridisegnare i servizi per fare in modo che l’uso delle tecnologie sia efficace. I nomi? Due su tutti: Mario Calderini e Ezio Manzini, entrambi del Politecnico di Milano. “Manzini è il più grande esperto di innovazione sociale in tutto il mondo, lo chiamano all’estero ma in Italia è pressocché sconosciuto”.
Ecco forse in questo sta uno dei maggiori limiti del nostro Paese: nel non saper valorizzare le proprie risorse. E non accade solo nel sociale, purtroppo.